La storia non sono ricordi vacui. La storia sono le nostre radici e la nostra cultura: ci dice chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Vivo il MIlan da 50 anni, più o meno, prima da bambino e da ragazzo nella "Fossa dei leoni", poi - per il caso e la fortuna, in poche parole il destino - per lavoro. Vivo dentro o vicinissimo al Milan da 34 anni, sono stato con loro in sede, a Milanello, a bordocampo negli stadi di tutto il mondo, in aereo, negli hotel, nelle città ancora di tutto il mondo. Sono opinionista per il canale tematico rossonero: i soldi servono, ma comunque smetterò (di nuovo) di frequentarlo nel giorno in cui non credessi più nelle persone che oggi sono la società. Avevo vissuto la serie B da tifoso, la prima volta soffrendo perché stavo svolgendo il servizio militare e non potevo andare allo stadio. Soffrivo per non stare lì con loro in serie B. Soffrivo per non stare lì con loro in serie B, lo ripeto: soffrivo per non stare lì con loro in serie B, eppure avevo già assaporato scudetti, coppe, finali vinte e perse perché il Milan nei suoi alti e bassi è sempre stato il Milan. Con 44 anni nel secolo scorso "senza tituli", come ci hanno ricordato in settimana. Un destino questa volta più gramo mi ha permesso di stare lì con loro in serie B, 2 anni dopo la prima retrocessione. Un'altra grande sofferenza, ma vissuta insieme a loro. Ci prendevano tutti in giro, poi finalmente arrivò Berlusconi e per 25 anni mi sono, ci siamo rifatti di ogni scherno e oggi ricordarci la serie B è come gridare a Brad Pitt che a 15 anni aveva i brufoli.
Ora siamo di nuovo in una fase apocalittica dopo il triste, malinconico, disastroso crepuscolo di Berlusconi. Da 3 anni si susseguono proprietà, manager, allenatori, strategie. Mi ha detto Federico Buffa, in una bellissima intervista che pubblicheremo su "120Milan" a novembre: "In questi ultimi anni è come se stessimo costruendo una chiesa gotica, romanica e postmoderna tutti insieme".
Mi è difficile scindere l'opinionista dal tifoso. Chi dice di riuscirci, secondo me mente. Mi sforzo di farlo. Soffro e sono incazzato, deluso, sconcertato quanto e più di voi. Faccio fatica a capire e a difendere tesi che ho esposto in questi mesi, evidentemente in buona parte inesatte. Per esempio, è chiaro oggi come la campagna acquisti non sia stata affatto concertata tra la dirigenza e l'allenatore. Ne prendo atto. Per esempio, è chiaro che la scelta di Giampaolo (condivisa dalla stragrande maggioranza di opinionisti, tesserati ed ex tesserati, non da me) sia stata sbagliata soprattutto per l'inadeguatezza caratteriale del soggetto. Ne prendo atto. Da alcuni capisaldi però non mi sposto, non mi sposterò mai. Sto con Paolo Maldini e Zvonimir Boban perché li conosco, non perché ne sono amico. Li conosco, capite? Molto bene. Ho passato la loro esperienza: ho dovuto inventarmi imprenditore nel settore della ristorazione 5 anni fa, per una serie di scelte, conoscenze e di investimenti. Lasciavo il giornalismo e avevo bisogno di un'attività che mi consentisse di scrivere libri, con cui non si vive nemmeno se si vende bene (a meno che tu non sia Fabio Volo o un amico di Fabio Fazio). Per un po' è stato un disastro: soldi perduti, amici e soci scomparsi e/o furibondi, ho perso perfino una fidanzata. Ma con abnegazione, passione, costanza, convinzione le cose sono andate a posto e quegli investimenti ancora ci sono. Maldini e Boban sono novizi, permalosi, forse arroganti, sprovveduti, ma contrariamente a me che non avevo fatto mai nemmeno il cameriere, il calcio lo conoscono e certamente dal campo alla scrivania le cose sono diverse, perciò è questione di tempo. Li conosco. So che impareranno dagli errori, so che usciranno dalla merda da cui sono sepolti. So che non molleranno prima di riportare in alto il Milan. Se così non fosse, ve l'ho già giurato e lo giuro di nuovo, mollerò anche io.
Gazidis no, non lo conosco. Non sapevo nemmeno che il Fondo Elliott avesse una sezione ProBono per salvare i club di calcio dalla serie D. Ho indagato, non fa parte né di UNHCR né di ONG né di enti a scopo benefico. Fanno affari, fanno cose per profitto. Ah, ecco. L'unica cosa che mi disturba infatti è la malcelata distonia tra la fretta di Maldini e Boban e le filosofie a medio-lungo termine di Elliott. I primi due insofferenti, la proprietà sin troppo pacata. Hanno comunque un preciso obiettivo in comune, sia pure con motivazioni e scopi diversi: rifare grande il Milan. Il progetto dello stadio nuovo e i soldi spesi (bene o male) sul mercato vanno chiaramente in questa direzione, sia pure passando per errori e valutazioni devastanti - quante volte sto usando questo aggettivo ... -.
L'esonero di Giampaolo è stato il frutto di incomprensioni raccapriccianti, sin dal primo giorno. Anche io avrei preso Conte, se proprio con Gattuso fosse stato necessario chiudere. Anche io in queste ore convulse avrei preso a qualsiasi costo Allegri, sul conto del quale la mia opinione rispetto allo scudetto regalato alla Juve nel 2012 non cambia, ma che oggi reputo l'unico che sarebbe stato in grado di sistemarci in 2 partite e portarci in Champions. Arriva Pioli, ne prendo atto. Continuo e continuerò a stare con Maldini, Boban fino a che loro staranno con Elliott perché certificheranno come il progetto vada avanti. Sto con Pioli. Non li insulto e non creo hashtag. Continuerò a criticarli (o a elogiarli) con la schiena dritta. Sto con la Curva che se ne va e con la gente che fischia. Perché? Ponzio Pilato?
No. Perché sono triste, arrabbiato e sconcertato. Quanto e più di voi. Molte scelte sono state devastanti, non solo quella di Giampaolo. Né quella di Pioli o (madre mia) di Spalletti possono avere la pretesa di riscattarle nel breve.
Tuttavia. Mi rendo conto di deludere molti, ma inseguo il sogno del mio prossimo libro, non inseguo followers e likes. Quindi. Quindi io sto con il Milan. Continuerò a starci tutta la vita, ovunque vada e comunque sia. Sono scelte.
di Luca Serafini